La definizione
della nozione di subordinazione può essere estrapolata da più di una fonte
normativa:
Art. 2094 cod. civ. : definisce il lavoratore subordinato
“chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il
proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell’imprenditore”.
Art. 2222 cod.civ. : definisce il lavoratore autonome
come chi opera “senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”
organizzando dunque liberamente la propria attività. Tale articolo conferma,
simmetricamente, la definizione di lavoratore subordinato fornita dall’art.
2094 cod. civ.
Art. 2104 c.2. cod. civ. : afferma che il lavoratore
subordinato deve “osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la
disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo
dai quali gerarchicamente dipende”
Art. 2106 cod.civ. : riconosce il potere disciplinare
dell’imprenditore in coerenza alla sua qualità di capo.
Appare chiaro dunque che la caratteristica essenziale del
lavoro subordinato è l’eterodirezione
dell’attività e l’eterodeterminazione della prestazione.
Subordinazione
e causa di contratto
Un tema molto dibattuto in dottrina è se la subordinazione entri nella
causa del contratto oppure costituisca solo un elemento esterno alla struttura dell’obbligazione
di lavoro. Secondo quest’ultima tesi, la causa individuata dal legislatore non starebbe nello scambio tra prestazione
subordinata e retribuzione quanto tra collaborazione e retribuzione. Se così
fosse, la collaborazione verrebbe identificata come lo scopo tipico della
prestazione e dunque come la causa del
tipo negoziale. In tal senso, la collaborazione fungerebbe da criterio di
valutazione dei comportamenti che le parti devono tenere in osservanza ai
generali doveri di buona fede e correttezza, sia da parte del creditore ( cooperazione
all’adempimento tramite la realizzazione dell’assetto organizzativo e l’efficientamento
del suo funzionamento) , sia da parte del debitore ( dovere di conformazione
alle variabili esigenze dell’attività lavorativa nell’esecuzione della prestazione). Se dunque
individuassimo nella collaborazione la causa del contratto, dovremmo ritenere
che la differenza fra lavoro autonomo e lavoro subordinato non
starebbe nella struttura dell’obbligazione ma verrebbe a concretizzarsi nell’entità del facere : mentre per il lavoratore
subordinato si tratterebbe di una collaborazione mirata al raggiungimento di
uno scopo ottenuto tramite la cooperazione di più forze organizzate dall’imprenditore,
per il lavoratore autonomo lo scopo sarebbe invece la realizzazione di un’opera
finita.
Sorgono però
dei dubbi sulla possibilità di adottare una simile impostazione. Infatti
esiste, ad esempio, il fenomeno del lavoro autonomo parasubordinato, che consiste nella collaborazione continuativa e
coordinata senza vincolo si subordinazione. Tale circostanza evidenzia come
esistano anche alcuni lavoratori autonomi per i quali la struttura dell’obbligazione
non è finalizzata ad ottenere un’opera finita : la causa del contratto sarebbe
dunque indentificabile anche in questo caso nello scambio fra collaborazione e
corrispettivo.
E’ in base a
questi dubbi che la teoria tradizionale continua a considerare la subordinazione
come elemento qualificante del contratto subordinato di lavoro: la causa del
contratto sarebbe proprio lo scambio fra subordinazione e retribuzione,
confermando l’eterodirezione come criterio distintivo.
di Giovanna
Cento
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